Nelle assemblee devono essere convocati solo i condòmini, cioè i veri proprietari e non coloro che si comportano come tali senza esserlo
Secondo la Corte di Cassazione, sezione 2 civile, sentenza 8824/2015, nelle assemblee condominiali devono essere convocati solo i condomini, cioè i veri proprietari e non coloro che si comportano come tali senza esserlo. D’altra parte, ed in generale, la tutela dell’apparenza del diritto non può essere invocata da parte del soggetto che abbia trascurato di accertare l’effettiva realtà sui pubblici registri, contro ogni regola di prudenza. Del resto il regime giuridico di pubblicità rappresenta un limite invalicabile all’operatività del principio dell’apparenza: pubblicità ed apparenza sono, infatti, istituti che si completano l’un l’altro, rispondenti alle medesime finalità di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio per ciò stesso alternativi. La tutela dell’apparenza non può tradursi in un indebito vantaggio per chi abbia colpevolmente trascurato di accertarsi della realtà delle cose, pur avendone la concreta possibilità.
Come è stato affermato in più occasioni (sentenze n. 7849 del 2001 e n. 2616 del 2005, in coerenza con il principio enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5032 del 2002), nelle assemblee condominiali devono essere convocati solo i condomini, cioè i veri proprietari e non coloro che si comportano come tali senza esserlo. Nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso, infatti, mancano le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, volto essenzialmente alla tutela dei terzi di buona fede; e terzi, rispetto al condominio, non possono essere ritenuti i condomini. D’altra parte, ed in generale, la tutela dell’apparenza del diritto non può essere invocata da parte del soggetto (nel nostro caso dal condominio) che abbia trascurato di accertare l’effettiva realtà sui pubblici registri, contro ogni regola di prudenza. Del resto, il regime giuridico di pubblicità rappresenta un limite invalicabile all’operatività del principio dell’apparenza: pubblicità ed apparenza sono, infatti, istituti che si completano l’un l’altro, rispondenti alle medesime finalità di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio per ciò stesso alternativi. La tutela dell’apparenza non può tradursi in un indebito vantaggio per chi abbia colpevolmente trascurato di accertarsi della realtà delle cose, pur avendone la concreta possibilità.